Perché ho aperto un blog?

Potrebbe sembrare assurdo ai più giovani, ma internet non è nato con i social inclusi nel pacchetto. Certo si trattava di un luogo sociale, ma i contenuti che vi venivano condivisi non assumevano principalmente la forma di foto e video come oggi. Era la parola a regnare sovrana. Saper scrivere (bene) non era solo un vezzo dei letterati, ma era una abilità utile per aiutare gli altri e essere aiutati.

Se si desiderava condividere ciò che si sapeva, o approfondire un argomento inedito era necessario recarsi nei meandri dei blog personali di altri cittadini dell’Internet come noi. Piccole capanne virtuali che richiedevano dedizione, cura, creatività e voglia di fare. Non contava il risultato (di sicuro questi siti non brillavano per ottimizzazione tecnica e design visionario) ma la volontà di creare un contenuto valido in grado di dare valore agli altri oltre che a sé.

Con l’avvento dei social media e la loro diffusione di massa tuttavia si è sostituita l’ abitudine di leggere e scrivere contenuti con la pratica del microblogging che premia invece il sapere rapido, esclusivo, frequente e spesso fintamente accattivante. Se si ripensa a quest’ultimo elenco di “qualità”, si potrebbe persino pensare alla pubblicità.

Perché i social oggi incoraggiano non la spontaneità, la parità tra gli utenti e il desiderio di scoperta, ma la pubblicità di noi stessi, del nostro brand, della nostra performance virtuale.
Il contenuto siamo diventati noi. Siamo passati dall’essere i fruitori (e i creatori) del contenuto a esserlo noi stessi.
Invece di parlare di cosa ci ha insegnato un libro, ne pubblichiamo la copertina.
Invece di raccontare le avventure impreviste e i momenti interessanti dei nostri viaggi, pubblichiamo unicamente foto dei luoghi visitati.

Ma allora mi chiedo io, i social sono un trailer della nostra vita o un mezzo per esprimerla con la creatività?

Di per sé non c’è nulla di sbagliato nel voler comunicarsi in modo semplice, immediato, silenzioso (anche per una questione di privacy personale). Tuttavia il microblogging dei social moderni ha completamente rimpiazzato per la grande parte degli utenti la fruizione di articoli, recensioni, opinioni, sfoghi personali in forma scritta ed articolata.
Come mai non sentiamo più quel bisogno di esprimere e rielaborare ciò che siamo e impariamo?
Forse i social ci hanno convito che non esista nulla oltre ad una foto di un tramonto?

Tra le altre cose a cui ci hanno abituato i social network nella loro forma attuale, oltre alla superfluità della maggior parte del contenuto, ci sono la dipendenza digitale e l’impigrimento dell’ interesse.
La dipendenza non dall’uso, come comunemente si sente dire, ma dal mezzo.

Diamo tutta la nostra persona digitale a super-aziende che, come ormai abbiamo visto accadere spesso (ad esempio con l’acquisizione di Twitter e il cambio di policy di Reddit), potrebbero (anche per errore) eliminare la nostra identità e i nostri ricordi (ammesso che ciò che condividete su Internet per voi sia degno di salvarsi dall’ Armageddon digitale). Vuoi davvero che ciò a cui tieni corra il rischio di scomparire per sempre?

Un blog autogestito richiede sicuramente più attenzione e tempo per funzionare a regime, ma garantisce il possesso di ciò che siamo e ciò che vogliamo condividere al 100%. La forma delle nostre condivisioni è totalmente personalizzabile e permette a ciascuno di esprimersi esattamente nel modo desiderato, senza mediazione di un aggregatore e piallatore di profili, tutti uguali nella forma, e a causa della forma, anche del contenuto come Instagram.

In seconda battuta invece, con l’impigrimento dell’interesse intendo la superficialità di cui ci accontentiamo quando troviamo un nuovo contenuto che ci interessa sui social. Abituati a scoprire un nuovo artista, fotografo, linea di pensiero grazie al filtro dei post brevi e delle foto, non siamo incoraggiati a pensare che il vero contenuto sia oltre la mera copertina fornitaci dai social.

L’algoritmo dei social è sempre più focalizzato sul mantenere l’attenzione premiando i grandi produttori e condivisori di contenuto, di sicuro non il piccolo emergente. Non siamo più noi a gestire la scoperta del nostro contenuto preferito, ma sono le piattaforme che ci propinano ciò che ha funzionanto per il 99% degli altri utenti, eliminando la nostra unicità. Siamo profilati come appartenenti ad una cateogria per massimizzare le inserizioni pubblicitarie e i guadagni, non siamo riconosciuti nella nostra unicità.
Ed è così che instagram decide di rimuovere la navigazione per hashtag delle cateogorie, ma ci bombarda di feed algoritmici. E la timeline diventa piena di “post suggeriti”. E i “trending topic” diventano sinonimo di qualità.

Qual è la filosofia di Bit by Bit

Credo che la rielaborazione sia lo strumento più importante da saper usare nel mondo moderno. Siamo esposti ad una quantità di informazioni e rumore senza precedenti, e sempre meno inclini a cercare di distillare tra la quantità l’informazione di qualità, che ci accresca e ci migliora intellettualmente ed emotivamente.

Sempre con più domande, sempre con meno risposte efficaci e soddisfacenti. Perché quello che è importante per te lo sai solo te. Non c’è algoritmo che ti migliori come persona.

Nella società della reazione e della performance, piuttosto che della rielaborazione e della silenziosa comprensione ho deciso di imprimere qui tutto il mio amore e interesse verso ciò che scopro, apprezzo e che può solo con una più attenta analisi rivelare un valore aggiunto duraturo per la mia persona. Un modo sincero di parlare a me stesso ma anche a chi vuole leggere, senza pubblicità, notifiche e altre trappole per la concentrazione.

Inoltre, scrivere regolarmente mi aiuta a migliorare le mie abilità espositive. E’ una continua sfida verso il miglioramento personale, a livello di gusto artistico, di conoscenza dell’argomento, della forma scritta.

Non ci sono lati negativi, solo l’impegno. Non è un lavoro penoso e stressante, contrapposto alla facilità di condivisione tipica del microblogging dei social. E’ invece esattamente l’opposto: sono i social ad averci convinto che ciò che non è semplice sia tedioso e privo di vantaggi.

Pubblicazioni meno frequenti (dato il lavoro richiesto per produrle) ma di maggior valore per se stessi e per gli altri, che rimangono nel tempo e nella memoria di chi scrive e di chi legge, che accrescono il sapere, che rispondono alle domande che contano.

Prendiamo la nostra realtà e svisceriamola Bit by Bit, un poco alla volta.

Note a margine

Ho intenzione di pubblicare spesso, ma mettendo sempre il contenuto al primo posto. Se un articolo o un post richiede più lavoro di quanto previsto non esiterò a prendermi il mio tempo e pubblicare quando sentirò di aver fatto un buon lavoro.

Nessun approfondimento e recensione avrà la pretesa di essere una risposta definitiva per tutti, menchemeno per me. Mi riservo dunque la facoltà di cambiare idea, di rielaborare gli scritti o addirittura di stravolgerli.

Bit by Bit nasce con l’idea di cercare di distillare le cose significative che mi rappresentano, mi appassionano e mi danno felicità.

E quando arriverò a non avere più cose da dire (e da scrivere), allora sarò soddisfatto, perché vorrà dire che ho chiarito ogni aspetto di me.